Alfonso Femia apre la terza edizione di Mediterranei Invisibili – Viaggio sullo Stretto.
“Non possiamo più soltanto parlare, per la politica e l’architettura è il momento di agire”
Non avrebbe dovuto essere una quattro giorni e non avrebbe dovuto essere a settembre.
L’idea era che durasse una settimana, a giugno, durante la quale affiancare all’indagine sul territorio, una revisione organica dei temi e delle situazioni che avevamo letto, nelle due precedenti edizioni, in maniera separata. Sto parlando di Mediterranei Invisibili – Viaggio nello Stretto III, che nonostante la pandemia, abbiamo scelto di intraprendere anche – o meglio soprattutto – in questo 2020, sia pure riducendo tempi e programmi, per affermare la necessità e la volontà che il Sud non può più essere letto, interpretato e vissuto come lo è stato fino a oggi.
Proprio il 2020 segna la prima dimostrazione di quanto possa essere forte il Sud e quanto questa forza possa sostenere il Paese.
Credo che quello che Mediterranei Invisibili ha rivelato e rivelerà ancora sia importante per il Paese e, come leggeremo nelle interviste rivolte ai rappresentanti delle Amministrazioni Pubbliche locali, ai Presidenti degli Ordini professionali, agli architetti siciliani e calabresi, il significato delle parole e delle azioni può cambiare se la prospettiva, lo sguardo è diverso e soprattutto se il dialogo e il confronto avviene in situ.
Infrastruttura, scuola, borgo, territorio hanno significati o sfumature differenti a Messina o a Siena o altrove e l’evidenza di questa diversità va potenziata e diffusa.
Non c’è romanticismo nello sguardo di Mediterranei Invisibili. Ogni indagine fa emergere problemi che non possono più chiudersi in un’identità isolata, ma devono esprimersi e risolversi nella connessione con le altre identità.
Le città stanno nei territori, così come i borghi, così come i paesaggi e le coste e le montagne e il Viaggio nello Stretto rivela le connessioni e l’insieme delle relazioni.
Citando Cyprian Broodbank, autore de “Il Mediterraneo” per Einaudi (2015), forse la narrazione più interessante e brillante riferita al tema, degli ultimi dieci anni, le caratteristiche del Mediterraneo sono assunte come dati di fatto. Ma il sistema Mediterraneo è composto da centri strettamente interconnessi tra di loro, il cui sorprendente sviluppo economico e culturale è diventato modello per il mondo intero. Dice Broodbank “Il Mediterraneo della preistoria, microcosmo dove tutto si è fermato, è il modello perfetto per aiutarci a indagare il mondo globalizzato nel quale viviamo.”
Per esempio, nel passato alcune originalissime civiltà come Cipro e Malta, giunte all’apice dello sviluppo, sono state poi riassorbite nel trend dominante, ed è questo “il lato oscuro della globalizzazione. Un messaggio allarmante per tutti noi”
E il Mediterraneo attuale è un mare di relazione?
“sicuramente. Se in passato ha vissuto sia momenti di confronto che di conflitto, il messaggio preponderante che ne emerge è di un luogo di incontro. Un luogo dove gli stereotipi sono costantemente messi in discussione e vanificati. Così Broodbank.
Noi crediamo fortemente che, a partire da questa seconda metà del 2020, le politiche nazionale ed europea debbano investire nel Mediterraneo del sud italiano. Non come atto compassionevole, ma come nuovo centro di energia per l’intero vecchio continente.
L’esplorazione dei Mediterranei Invisibili con il terzo Viaggio sullo Stretto riprende insieme a Marco Predari (500×100) e Giorgio Tartaro, giornalista che ha seguito le precedenti edizioni, cogliendo l’invisibilità, non solo dei Mediterranei, ma anche dei viaggi.
IL NEUROIMAGING DI GIORGIO TARTARO PER MEDITERRANEI INVISIBILI
Facciamo un gioco.
Un video gioco.
Anzi, un gioco per immagini.
Per rendere visibile il Mediterraneo invisibile, anche nella sua formula plurale, possiamo immaginare il rimbalzo di una palla. Magari da basket. Immaginando il rumore in una palestra vuota.
Essendo un portatore, spero sano, di Mediterranei invisibili interni, da laghèe amante del mare, immagino questa palla rimbalzare dall’epica greca e latina alle recenti immagini di un Mediterraneo rovesciato di 90 gradi, irriconoscibile e affascinante autostrada del futuro.
Dai fasti fenici e romani alle Repubbliche Marinare, dalla frammentata storia del bio-diversissimo Stivale, alla tormentata Unità d’Italia, dai tempi del troppo governo a quelli del non governo…
Incredibile pensare che, a parte scempi e rivoluzioni agricole, artigiane, industriali, molte, moltissime cose, per fortuna, hanno resistito.
Per esempio, la voglia della scoperta che così come nel paesaggi marini per arrivare a quelli interni, prealpini e montani, manifesta agnizioni esemplari.
Tradizione, voglia del recupero, fatica, impegno, attaccamento, persone, identità.
Gli enciclopedisti lavorano su queste dinamiche e restituiscono splendori.
Il fatto è che Mediterranei invisibili rimbalza molto in alto. Elegge Virgilio 4.0 e identifica chirurgicamente eroi del contemporaneo eterodossi, che lottano contro la comune opinione dell’ovvio, che ricercano, progettano, studiano, coinvolgono, relazionano… Insomma, come direbbero i miei figli, si sbattono un casino.
No, non è solo figo e pittoresco, è etico e fulgido modo di esserci nel tempo quello di raccontare Mediterranei Invisibili.
Quelli che alcuni sanno e nascondono, quelli che molti anelano e non trovano, quelli che a volte, per una botta di fortuna, ci tocca di incontrare.
E poi son drammi. Perché sono belle canzoni, refrain, sinestetiche dipendenze che non se ne esce.
Il viaggio è guardare con nuovi occhi… Nuovi suoni, profumi, energie, sensazioni, amici, aneddoti… Insomma. Uomini. Donne e uomini che, fuori dall’uniforme della formalità, gioiscono nel raccontare, raccogliere, donare.
Mediterranei Invisibili, per me, sono tutto ciò che esula dall’individuale, dall’egoismo, dall’idea di affermazione e posizione sociale.
Una volta Cassius Clay iniziò un discorso in pubblico. Pare che non sapesse bene che dire.
Pare che a un certo punto disse: “Io, noi”.
Poi rettificò, pare, il “Me, We” pronunziato ad Harward nel 1965 in “Me, Whee”. Un evviva me, o meglio “Io? Evviva”! Forse suggerito dallo staff e dalle circostanze.
Preferisco personalmente la prima versione.
Che è poi il mio punto di vista sui Mediterranei Invisibili, visto dalla caleidoscopica postazione dei Mediterranei Interni, è forse, a pieno titolo e buon diritto, un “Io, noi”.
A-Mare Nostrum.
SI PUÒ RIPARTIRE DAL SUD DI MARCO PREDARI
“Mediterranei Invisibili fa parte del progetto complessivo di 500×100, nato cinque anni fa con l’obiettivo di indagare attraverso il dialogo percorsi di architettura costruita e pensata, e che si è progressivamente potenziato e sviluppato dalla prima esperienza milanese al Salone del Mobile di Milano, posizionandosi in altri territori nazionali, Venezia, Roma, Pisa e il Sud.
È un impegno importante per un’azienda come Universal Selecta, realtà importante, vincitrice quest’anno del Compasso d’Oro per la categoria “Arredi e complementi per l’ufficio”, che sostiene il processo di crescita delle aree del Sud attraverso l’incontro e l’allineamento tra politica e architettura, anche con la piattaforma 500×100.
Come azienda condividiamo iniziative ricche di contenuti, in Puglia, Sicilia, Campania e riteniamo che tutto il Sud possa trasformarsi da area di sviluppo a territorio di validazione di esperienze efficaci.”