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IL PONTE SULLO STRETTO E IL MUSEO DEL MARE DELL’HADID POTREBBERO TRASFORMARE IL MERIDIONE ITALIANO IN UN DINAMICO SUD EUROPEO E IN PROPULSIVO NORD PER L’AFRICA E L’ORIENTE con Salvatore Vermiglio

di ROBERTA DE CIECHI E ALFONSO FEMIA - 19/09/2020

Non è una provocazione quella di Salvatore Vermiglio, presidente dell’Ordine degli Architetti di Reggio Calabria: l’invisibile si rivela attraverso una strategia complessiva di affrancamento da modelli superati e logori. Il Sud, la Calabria sono effervescenti

L’emergente, seppure lento, processo di re-insediamento dell’architettura nel ruolo di leva urbana e sociale, di qualificazione delle comunità e di motore per la collettività è una straordinaria opportunità per il Paese tutto, per il nostro Sud e per sostenere, orientare, coadiuvare la politica nazionale e locale.
Le domande e le riflessioni risvegliate dalla pandemia hanno acceso, come prima reazione, i riflettori sui luoghi belli e invisibili dell’Italia.
Per portare i nostri luoghi alla godibilità, architettura e politica devono lavorare insieme e in fretta: se non ci sono le strade – le infrastrutture! – non si raggiungono i luoghi invisibili.

Costruire il ponte sullo stretto o il tunnel sotto lo stretto, (permutabili nel significato di connessione, non certo per architettura, ingegneria e impatto) è una scelta importante per aprire al mondo e all’Italia un territorio chiuso che sicuramente si trasformerebbe profondamente, muterebbe equilibri geografici, ambientali, socio-economico.
Qualcosa si perderebbe (molto?), ma molto si guadagnerebbe.
Il nostro Sud diventerebbe un Sud forte e con voce in capitolo sul piano economico e politico, nuovo baricentro tra Africa e Oriente ed Europa.
Un’innervazione infrastrutturale a servizio dell’ipotetico ponte attribuirebbe valore economico e svilupperebbe il potenziale culturale e turistico dei nostri luoghi.
L’architettura, fondamentale in questo processo, avrebbe il compito di governare una conurbazione protetta da contaminazioni fisiche (edilizie, urbanistiche e infrastrutturali) avvilenti.

Sintetizzando e semplificando, il punto è che se non si costruisce il ponte, non si fanno le infrastrutture, quelle fondamentali, intra regionali e di connessione a Roma e alle altre regioni.
L’urgenza del ponte e di un progetto coordinato e parallelo tra ponte e infrastrutture significa trasformare Sicilia e Calabria in Europa.
Arretrare dall’impegno di costruire il ponte, di contro, vuol dire restare fermi, ancorati a quella visione prefabbricata del Sud, negandone le potenzialità europee e mondiali.

Fotografia di Stefano Anzini.


Negare il ponte vuol dire restare invisibili.
L’invisibilità del territorio non è protezione della sua bellezza, ma danno per la sua valorizzazione e diffusione.
Un parallelo efficace, nella sua durezza e scomodità, è la contrapposizione tra espansione e contrazione. Il rischio di contrazione è altissimo e, in un contesto globale che tende all’espansione e all’integrazione, aumenta il pericolo di un’esclusione permanente dai processi di sviluppo.
Per agire vs contrazione è fondamentale orientare gli investimenti sulla scuola e sulle infrastrutture fisiche e digitali.
Lo spopolamento culturale e fisico è una forma grave di contrazione e la scuola, l’alfabetizzazione sui valori del territorio, l’unica possibilità di invertire la rotta dell’abbandono


Come si concilia la visione pragmatica e operativa con le posizioni di “indugio intellettuale e protettivo”, valorizzazione discreta, tempo lento?
La nostra, particolarmente quella della Calabria, è una invisibilità immeritata. Penso che portare ulteriore interesse sul territorio, anche con richiami forti, sia un punto nodale per ricondurre l’equilibrio tra quello che si vede, quello che è invisibile e ha senso rivelare, quello che può rimanere invisibile (parti di territorio delicate e uniche) e persino quello che non abbiamo voglia di guardare.
Il progetto di Zaha Hadid per il Museo del Mare di Reggio Calabria potrebbe essere un richiamo forte, al netto delle polemiche di ordine architettonico e culturale.
A questo proposito, come Ordine ci siamo impegnati per portare un contributo nel dibattito pubblico e abbiamo creato una sinergia con l’amministrazione reggina per la realizzazione del Museo del Mare.

Far emergere la ricchezza di Reggio Calabria, potenziare il sistema universitario che funga da polo attrattore per il Sud, ma anche per tutta l’Europa, vista l’indiscutibile unicità del nostro patrimonio, può funzionare, come è accaduto per altri centri, Ferrara, per esempio, anche come volano di rilancio urbano in chiave di città universitaria, contribuendo a invertire il processo di abbandono e di spopolamento.
In questa visione, i borghi, non più entità isolate nella loro unicità e bellezza, potrebbero usufruire di una rete a supporto delle loro immense potenzialità.
Un borgo non è un oggetto di consumo, non ha senso parlare di borghi, in modo indifferenziato, permutando la Toscana con la Liguria e la Liguria con la Calabria, ….
In molti dei nostri borghi non ci sono neppure le guardie mediche, ammesso che si riesca a raggiungerli. E neppure arriva la fibra, ammesso che si possa fare una spesa alimentare senza partire per spedizioni che impegnino un’intera giornata.

Qual è la traccia operativa da seguire?
Il primo passaggio è quello di abbandonare i campanilismi tra Sicilia e Calabria e lavorare insieme per portare sul tavolo del legislatore le priorità e i percorsi di intervento.
Rialziamo la testa, oggi dopo la Covid che ha avuto il merito, nella crudezza dei lutti, nella gravità della malattia e nel dramma economico che ha generato, di renderci consapevoli di quanto il Sud sia forte.
Per fare questo partiamo dall’architettura, assumiamola in un ruolo strategico di coordinamento. Non ci accontentiamo più.
Azzardiamo scelte difficili, mettiamo insieme architettura e infrastrutture, uniamo la costa ionica con quella tirrenica.
Pensiamo e agiamo senza pregiudizi, in modo libero.
Acceleriamo.