CONTRADDIZIONI E OBIETTIVI: PERCHÉ IL MEDITERRANEO DEL SUD ITALIANO È UN LUOGO POVERO, SE DA QUI PARTONO O TRANSITANO LE RICCHEZZE VERSO L’EUROPA? con Giuseppe Ida

di Roberta De Ciechi e Alfonso Femia - 16/09/2020

Riflessioni di Giuseppe Ida, avvocato, sindaco di Rosarno che parla di transhipment, integrazioni funzionali, e … Sud, non solo turismo

Immaginare che il Mediterraneo, il Sud contribuiscano all’equilibrio complessivo del Paese e del sud dell’Europa non è sogno campato per aria.

Il Mediterraneo è un crocevia di culture, ritrovare la sua centralità è un obiettivo possibile, anzi è la ripetizione di un modello già esperito in passato. Sicuramente, l’infrastrutturazione fisica è il primo degli elementi che possono ricostruire la centralità del Sud. Un esempio è il porto di Gioiatauro, il terzo in Europa e il più grande in Italia per il transhipment, il trasferimento di carico da una nave all’altra, di solito attraverso scarico in porto e ricarico; ha luogo nei porti hub dove si incrociano molte linee di navigazione con origini e destinazioni diverse. Nell’area che gravita intorno al porto si intersecano e si integrano il traffico di merci e di cultura.

Si coglie subito la contraddizione tra l’abitudine a pensare alla povertà come all’espressione più cruda del nostro meridione, anche se in realtà è proprio dal nostro Mediterraneo che parte o transita la ricchezza verso l’Europa.

Il potenziamento dell’infrastrutturazione fisica potrebbe generare ricchezza locale permanente e mettere il nostro Mediterraneo al centro del processo europeo di sviluppo, dialogando e controbilanciando gli altri hub di transhipment, per esempio. Questo potenziamento si dovrebbe generare attraverso un’equilibrata partecipazione del Pubblico e di investitori privati. Ma se mancano strategia e pianificazione, gli investimenti risultano vanificati o mortificati. A questo splendido Sud con un porto così performante, manca una ferrovia adeguata per trasportare le merci e, altrettanto, manca un asse viario che sostenga l’espansione del porto su gomma. Infrastrutture e cultura in stretta connessione con le strategie istituzionali sono i punti fondamentali di un processo orientato a rendere il Sud protagonista in Europa.

Oggi il significato di Sud si permuta quasi completamente con turismo, ma può solamente il turismo renderlo protagonista in Europa? E di che quale turismo stiamo parlando? Qual è la visione a vent’anni del Mediterraneo?

Il turismo resta ancora per molti parti del Sud una potenzialità inespressa e questa considerazione riporta subito al nodo precedente: l’implementazione del turismo invisibile avviene, anch’essa, attraverso lo sviluppo delle infrastrutture e dell’economia del territorio nel suo complesso. Difficile pensare che si possano raggiungere risultati nel breve. A questo si aggiunga che, in Calabria, la disoccupazione giovanile è arrivata ai massimi livelli, nonostante esistano le potenzialità di occupazione. Le responsabilità sono da attribuire, a pari peso, a una politica regionale e centrale estremamente disattente che non consentono di sviluppare le potenzialità inespresse.

Sicuramente la Calabria può rimettersi in moto a partire dal sistema portuale. Nel periodo del lockdown, i porti italiani hanno registrato il trenta per cento in meno di traffico. Il nostro porto di Gioiatauro ha registrato il 40 per cento in più, perché da qui partono merci per tutto il sud-Europa. Oltre a questo, affrancandoci dalla dimensione calabrese e italiana, è fondamentale osservare che la visione europea di tutto il Mediterraneo passa attraverso i porti.

Argomento di scarso appeal mediatico e complesso, il tema dei porti marittimi impone competenze e capacità trasversali di logistica, di tecnologia, di economia e di relazioni internazionali. Non viene dedicata sufficiente attenzione al valore del porto e il territorio afferente non riesce ad agganciare l’economia complessiva. Questo succede anche per gli altri Paesi del Mediterraneo, i cosiddetti PIGS Spagna Italia Grecia e Portogallo, tutti Paesi considerati a traino dell’Europa.

In realtà, proprio per le potenzialità inespresse, ma concrete e rapidamente attivabili di questi territori, se l’Europa volesse diventare più forte, amplificare la sua capacità di inclusione, traducendola in sviluppo, dovrebbe investire di più in questi Paesi.

Oggi il Mediterraneo, il sud dell’Europa non è luogo di sviluppo, né crocevia di cultura, perché la multiculturalità mal gestita e senza integrazione si trasforma in miseria. E, “tradendo” il potenziale di opportunità, si traduce in un peso da trainare. Si innesca un circolo vizioso, il cui esito più drammatico è la mancanza di investimenti alla periferia d’Europa, proprio perché è vista come non produttiva … una palla al piede. In questa visione, la negatività si estende in onde concentriche che coinvolgono i borghi di cui è così ricca la Calabria, luoghi di storia e cultura, trasformati, in pochi decenni, in realtà di tristezza e spopolamento.

L’amministrazione regionale calabrese si è impegnata in una politica di valorizzazione dei borghi che conservano i nostri anziani, i nostri costumi, quell’impalpabile evanescenza che si perpetua con l’appartenenza al territorio, ma per ora, salvo situazioni eccezionali, resta un patrimonio immateriale negato. In altre situazioni, per esempio, la transumanza, la tradizionale pratica di migrazione stagionale del bestiame, è stata iscritta nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. La valorizzazione dei borghi rientra in un piano strategico del turismo che centralizza l’infrastruttura, non come straniamento, ma come valorizzazione del territorio.

Fotografia di Stefano Anzini

Fotografia di Stefano Anzini